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L‘ORDINE DI PROTEZIONE CONTRO GLI ABUSI FAMILIARI

 

violenza

Rispondo ad una domanda che mi è stata posta da una mia assistita.

Esiste un mezzo giuridico civilistico per chi subisce un grave pregiudizio all’integrità fisica o morale da parte del coniuge o di altro convivente?

Eccolo.

L’art. 342 bis c.c. afferma che, «quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più provvedimenti di cui all’art. 342 ter c.c.».

 

Dispositivo dell’art. 342 ter Codice Civile

  1. Con il decreto di cui all’articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.
  2. Il giudice può disporre, altresì, ove occorra l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati; il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante.
  3. Con il medesimo decreto il giudice, nei casi di cui ai precedenti commi, stabilisce la durata dell’ordine di protezione, che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dello stesso. Questa non può essere superiore a un anno e può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario.
  4. Con il medesimo decreto il giudice determina le modalità di attuazione. Ove sorgano difficoltà o contestazioni in ordine all’esecuzione, lo stesso giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l’attuazione, ivi compreso l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.

 

L’ordine di protezione familiare è lo strumento offerto al Giudice civile per apportare restrizioni alla libertà personale dell’autore di un abuso familiare, seppure per un arco temporale limitato.

Lo scopo è quello di offrire una tutela rapida ed efficace ai soggetti più deboli (donne, minori, disabili e anziani), contro i soprusi ed i comportamenti violenti posti in essere dai soggetti in posizione di forza, anche solo fisica, nell’ambito familiare. La famiglia dovrebbe proteggere i suoi membri ma talvolta può diventare un ambiente ostile e pericoloso per l’integrità fisica e psichica dei soggetti che ne fanno parte. Occorre allora proteggere le vittime.

Tale rimedio è stato introdotto dalla L. n. 154/2001 che ha determinato l’inserimento nel Codice civile dagli artt. 342 bis e 342 ter c.c. sopra richiamati. Peraltro, li ho riportati integralmente perché molto chiari.

La medesima legge regola anche le forme procedurali per la richiesta e l’applicazione degli ordini di protezione.

Inoltre, la Corte Cost., con la sentenza 5 novembre 2015 n. 220 ha chiarito che misure penali e misure civili concorrono senza necessariamente escludersi

Lo scopo, come detto, degli ordini di protezione è interrompere situazioni di convivenza turbata, ma soprattutto quella di impedire il protrarsi di comportamenti violenti in ambito domestico e presuppone che la vittima ed il soggetto cui viene addebitato il comportamento violento vivano all’interno della medesima casa.  Tale misura ha la funzione di anticipare il più possibile la tutela della persona debole, consentendole di allontanare il soggetto che ha tenuto una condotta pregiudizievole, anche prima che questa assuma un rilievo penale.

Ma chi può richiedere l’ordine di protezione?

La domanda può essere presentata da:

  • il coniuge;
  • il convivente;
  • un altro componente del nucleo familiare adulto.

Per di più, a seguito della riforma in materia di unione civile e di convivenze di fatto (l. n. 76/2016), è ora possibile anche per una parte dell’unione civile richiedere al giudice di adottare uno o più provvedimenti di cui all’art. 342-ter c.c.

Nel caso in cui vittime della violenza siano figli minori, a causa della maggiore delicatezza della fattispecie, il vaglio è affidato al Giudice penale (è quindi necessario sporgere denuncia all’autorità competente).

L’agente delle condotte pregiudizievoli, quindi, può essere sia un coniuge nei confronti dell’altro, sia il genitore verso i figlii (anche quando i maltrattamenti non sono commessi direttamente sulla persona del minore, ma indirettamente, nei confronti di stretti congiunti a lui cari) che questi ultimi verso i genitori.

La condotta pregiudizievole di regola è caratterizzata dal verificarsi di reiterate azioni ravvicinate nel tempo, consapevolmente dirette a ledere i beni tutelati, e non da singoli episodi compiuti a distanza di considerevole tempo tra loro.

La valutazione della gravità è rapportata alla intensità del pericolo, alla probabilità di una reiterazione dei medesimi comportamenti.

 

Con l’ordine di protezione il Giudice:

impone al responsabile la cessazione della condotta pregiudizievole;

dispone il di lui allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente;

Questi due elementi sono ritenuti contenuto necessario dell’ordine di protezione.

Altre prescrizioni e obblighi possono essere facoltativi perché, come sempre si valuta caso per caso. Pertanto, ove occorra, il Giudice:

prescrive al responsabile di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante (casa familiare, luogo di lavoro, eventualmente domicilio della famiglia di origine o domicilio di prossimi congiunti, luoghi di istruzione dei figli);

dispone l’intervento dei servizi sociali; la giurisprudenza ha chiarito che questo tipo di prescrizione non può essere imposto in via coercitiva, ma è produttivo di effetti solo se liberamente eseguita;

prescrive il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi, se per l’assenza dell’allontanato queste sono destinate a rimanere prive dei mezzi di sussistenza. Tale assegno di mantenimento viene disposto a favore delle persone conviventi che, per l’effetto dell’allontanamento dalla casa familiare del reo, rimangono prive di mezzi adeguati. Il Giudice fissa le modalità e i termini di versamento e, se necessario, dispone il versamento della somma all’avente diritto da parte del datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione alla stesso spettante.

L’assegno periodico ha natura provvisoria ed efficacia limitata alla durata dell’ordine di protezione ed è destinato a cessare al termine della durata del decreto.

I divieti e le prescrizioni sopra elencate possono anche essere cumulativi; rientra nella discrezionalità del giudice, preso atto della situazione concreta, parametrare il contenuto del decreto di protezione sulla base delle reali esigenze delle vittime degli abusi.

La durata dell’ordine di protezione non può essere superiore a un anno, salvo la proroga, che va richiesta, in caso del perdurare dei gravi motivi, con apposita istanza, da presentarsi prima della scadenza del termine prefissato dal giudice.

Nel caso in cui il destinatario dell’ordine non lo esegua (oppure non osservi un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di divorzio) sarà punito con la pena la stabilita dall’articolo 388 c.p.  (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del Giudice) e cioè con la reclusione sino a tre anni o con la multa da euro 103 a 1.032, ma il procedimento penale potrà iniziare solo con la querela della persona offesa.

La valutazione della condotta pregiudizievole

La condotta pregiudizievole dev’ essere valutata a livello “qualitativo” e quantitativo: nel primo caso, infatti, deve essere compiuta una prognosi circa le concrete modalità idonee a rappresentare, per il futuro, un “grave pericolo”; quanto al secondo caso, deve essere analizzata l’entità della condotta nel tempo, la sua efficacia offensiva e la sua dimensione psicologica.

Casi in cui il giudice può emettere l’ordine di protezione

I presupposti necessari per ottenere l’ordine di protezione, ai sensi dell’art. 342 bis, c.c. sono: la convivenza e la sussistenza di una condotta gravemente pregiudizievole all’integrità fisica o morale o della libertà del coniuge o convivente.

Il legislatore ha scelto di non definire la condotta pregiudizievole in modo da includervi ogni comportamento in cui si realizzi la violenza domestica, ponendo l’accento sul pregiudizio che la condotta arreca all’integrità o alla liberta fisica o morale del soggetto.

Ad esempio quando si sono verificati fatti violenti dai quali siano derivate non insignificanti lesioni alla persona, ovvero di una situazione di conflittualità tale da poter prevedibilmente dare adito al rischio concreto ed attuale, per uno dei familiari conviventi, di subire violenze gravi dagli altri.
Nella prassi sono state riconosciute condotte tali da integrare gli estremi dell’ordine di protezione, quelle che hanno ad oggetto un comportamento reiterato, vessatorio e denigratorio in ambito familiare.

Anche se questi comportamenti non integrino delle ipotesi di reato, si tratta di fatti illeciti che possono costituire fonte di responsabilità civile e che vengono sanzionati nel sistema degli ordini di protezione.

Non sarà necessaria una lesione fisica o psichica per poter parlare di abuso, non saranno necessarie percosse, lesioni o minacce; la violenza può estrinsecarsi in forme meno evidenti quali le continue denigrazioni e umiliazioni o lo svilimento del ruolo genitoriale.

In ambito familiare anche atti che apparentemente non sono caratterizzati in sé da un’estrema gravità possono assumere tale rilevanza.

Secondo la giurisprudenza integra abuso nei confronti di un minore, tale da consentire l’immediato allontanamento del genitore dalla casa familiare, la violenza perpetrata , non solo ai danni del minore, ma anche nei confronti dell’altro genitore, oggetto di continue aggressioni fisiche cui il minore si trova costretto ad assistere con grave pregiudizio per la sua armonica ed equilibrata formazione psichica  (violenza assistita).

In tali casi «… ove la vittima diretta dei maltrattamenti è un genitore e i figli vengono loro malgrado costretti ad assistervi, sussiste una sovrapposizione di competenze tra il giudice civile, adito ai sensi degli artt. 342 bis e 342 ter c.c. e dell’art. 736 bis c.p.c., e il Tribunale per i minorenni. Tale sovrapposizione di competenze non preclude al Giudice civile di pronunciare – intervenuto decreto del tribunale per i minorenni che dispone, ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., l’allontanamento del genitore violento dalla casa familiare e l’affidamento del figlio minore – non solo l’allontanamento dalla casa familiare del medesimo genitore, ma anche la cessazione della condotta pregiudizievole, quale contenuto essenziale dell’ordine di protezione di cui agli artt. 342 bis e 342 ter c.c.» (T. Piacenza, 21.10.2008).

Integrano la condotta di cui all’art. 342bis c.c. tutte le forme di indebita intromissione nella sfera dei comportamenti e delle scelte individuali, in particolare: tutte le forme di coercizione della libertà personale tali da impedire i movimenti di un familiare (salvo quanto necessario in relazione all’età e alle condizioni del soggetto), le limitazioni alla libertà religiosa e alla libertà di manifestazione del pensiero, la violazione della riservatezza (violata la segretezza della corrispondenza).

Altri casi nei quali la giurisprudenza ha ritenuto di legittimare l’ordine di protezione:

  • Coniuge che effettua continui pedinamenti e controlli telefonici dell’altro, usa epiteti dispregiativi e gli nega ogni sostegno economico;
  • Figlio maggiorenne che si sia reso protagonista di condotte violente e minacciose perpetrate nei confronti dei genitori a cui abbia assistito anche la sorella minorenne, perciò esposta a un potenziale pericolo derivante dalla convivenza con il fratello.

Ad ogni modo per l’emissione dell’ordine di protezione non è necessario che perduri la convivenza, tale requisito (inteso come “perdurante coabitazione”) sussiste anche quando vi sia stato l’allontanamento, provocato dal timore di subire violenza fisica del congiunto, mantenendo nell’abitazione familiare il centro degli interessi materiali ed affettivi.

Come ottenere l’ordine di protezione?

Per ottenere l’ordine di protezione è necessario presentare un ricorso (anche dalla parte personalmente) al Tribunale del luogo di residenza o domicilio dell’istante. Il Giudice non può intervenire d’ufficio.

Legittimato attivo è il componente del nucleo familiare in danno del quale è stata tenuta la condotta pregiudizievole, mentre legittimato passivo è quello che l’ha posta in essere.

La decisione viene assunta dal Giudice in camera di consiglio con un decreto motivato, che è immediatamente esecutivo. Solitamente ciò avviene dopo aver sentito le parti, aver proceduto alla fase istruttoria nel modo che ritiene più opportuno. In particolare il Giudice può disporre indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti, anche per mezzo della polizia tributaria.

Tuttavia, in casi di urgenza, il Giudice può adottare immediatamente l’ordine di protezione fissando udienza di comparizione avanti a sé entro un termine non superiore a 15 giorni ed assegna alla parte ricorrente un termine non superiore a 8 giorni per la notifica del ricorso e del decreto. All’udienza, il Giudice conferma o modifica o revoca l’ordine di protezione che aveva precedentemente emanato inaudita altera parte.

Contro il decreto con cui il giudice adotta l’ordine di protezione o rigetta il ricorso, o conferma, modifica o revoca l’ordine precedentemente adottato, è ammesso reclamo al Tribunale entro dieci giorni dalla comunicazione o della notifica del decreto, ai sensi dell’art. 739, comma 2, c.p.c.

Tale reclamo non sospende l’esecutività dell’ordine di protezione e il tribunale provvede in camera di consiglio in composizione collegiale, previa comparizione delle parti con decreto motivato non impugnabile.

Gli ordini di protezione perdono efficacia qualora, nel procedimento di separazione, siano stati adottati i provvedimenti ex art. 708 3° comma c.p.c.

Il legislatore ha escluso l’applicazione dell’istituto in esame nell’ipotesi in cui sia già pendente un processo di separazione, divorzio, nel quale si sia svolta l’udienza presidenziale.

Ad ogni modo preciso che si tratta di uno strumento poco utilizzato.

A Milano ne sono stati rilevati solo 8 dal 1 ottobre 2019 al 30 settembre 2021.

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