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Condannato per aver offeso la ex su facebook

È di tutta evidenza che pubblicare frasi, notizie, video, foto, link e quant’altro sui social significa condividerle con un numero potenzialmente indeterminato di persone. Tale numero può essere numericamente apprezzabile.

Peraltro, ogni post può essere salvato e ricondiviso da chiunque abbia accesso a quel profilo (ciò dipende ovviamente dal tipo di privacy riservata alla pubblicazione).

Non stupisce, dunque, che un uomo venga condannato per aver diffuso, tramite la bacheca facebook, parole offensive e denigratorie nei confronti della ex fidanzata. Chiunque abbia avuto accesso al profilo ha potuto leggere e a sua volta salvare e condividere quei contenuti lesivi dell’onore e del decoro della donna.

Pertanto, la diffusione di post diffamatori tramite i social costituisce, evidentemente, la forma di comunicazione con più persone che integra il reato di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 comma terzo c.p.

Ricordo che i presupposti per la commissione di tale reato sono:

1) la precisa o la facile individuazione del destinatario delle frasi ingiuriose;
2) la comunicazione con più persone (dovuta al carattere pubblico dello spazio virtuale e la possibile sua incontrollata diffusione;
3) la coscienza e volontà di usare espressioni oggettivamente idonee a recare offesa al decoro, onore e reputazione del soggetto passivo.
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